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Messaggeria Istantanea





Scarcerato solo uno su sei

Brindisi – Stesso ufficio di smistamento della posta, identica accusa di peculato per aver aperto la corrispondenza altrui ed essersi impossessati del contenuto, ma strade processuali e risultati differenti: Giuseppe Miccoli, 52 anni, è l’unico dei sei impiegati di Poste Italiane ad essere tornato in libertà dopo sette giorni trascorsi in carcere, il primo a rischiare il licenziamento per giusta causa in ragione dell’infedeltà. La pena e la libertà. Ha lasciato la casa circondariale di via Appia nel pomeriggio di ieri, attorno alle 17, dopo che il gup si è pronunciato favorevolmente sull’istanza di patteggiamento a due anni avanzata dalla difesa sin dallo scorso lunedì, all’esito dell’interrogatorio di garanzia, ma rimasta segretata in attesa che fossero ascoltati tutti gli indagati, per espressa richiesta del sostituto procuratore titolare dell’inchiesta, Pierpaolo Montinaro. Il concordato tra le parti è stato ritenuto congruo sia rispetto alla qualificazione giuridica del reato – peculato – che sul piano dell’irrogazione della pena che rimane sospesa in considerazione dello status di incensurato dell’impiegato, mai finito sotto inchiesta prima che gli agenti della postale nascondessero quattro telecamere, per un mese, all’interno del centro di smistamento della posta che si trova in piazza Crispi, a due passi della stazione.
La leggerezza. Da ieri, quindi, ha riacquistato la libertà ed è tornato nella sua abitazione a San Donaci, dalla famiglia che lui stesso ha più volte nominato nel corso dell’interrogatorio davanti al pm e al gip Maurizio Saso: “L’ho rovinata per colpa di una leggerezza”, ha detto dopo aver ammesso gli episodi contestati nel provvedimento di arresto eseguito all’alba del 3 novembre scorso.