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Centocinquantesimo di Poste/1 Sì, ma della riforma


Centocinquantesimo di Poste italiane sì, o centocinquantesimo no? Il punto di partenza è la legge sulla riforma postale, organizzata in quarantanove articoli e promulgata a Napoli da Vittorio Emanuele II. Sottoscritta il 5 maggio 1862 e destinata ad entrare in vigore l'1 gennaio seguente.
Cos'è successo, con questa norma? “Vaccari news” l'ha chiesto al presidente dell'Accademia italiana di filatelia e storia postale, Franco Filanci. È successo -risponde- “che finalmente, dopo aver creato agli inizi del 1861 le Poste italiane unificando le preesistenti amministrazioni sul piano organizzativo e del personale, ora veniva stabilita anche una normativa unificata per quanto riguardava l'esclusiva (o privativa) postale, i vari servizi, le concessioni, cartevalori e impronte di valore, le tariffe postali interne. A differenza dei precedenti (i quattro decreti del 15 dicembre 1860, del 6 gennaio -sono due, entrambi per le Province Napoletane- e del 27 gennaio 1861, tutti in vigore dall'1 marzo 1861), questo atto richiese l'intervento del Parlamento, e quindi tempi più lunghi. E non fu neppure completato, perché il problema della franchigia venne rimandato”.
Da almeno mezzo secolo Poste italiane considera il 1862 come proprio anno di nascita. Gli annulli del 1962 parlano di “Centenario delle Poste italiane” ed il logo attuale recita “Centocinquant'anni dedicati al futuro”. Sono richiami appropriati? “Nell'attribuire il centenario delle Poste al 1962 -risponde l'esperto- non c'entrava alcuna legge, ma lo zampino dei filatelisti che, guardando i cataloghi dell'epoca, videro che risaliva al 1862 il cosiddetto «francobollo n°1 d'Italia», ovvero il 10 centesimi dentellato di Francesco Maria Matraire, che infatti divenne protagonista del valore per la «Giornata del francobollo» del 1962. Dimenticando, fra l'altro, che il primo dentellato a comparire in quel marzo 1862 fu il 20 centesimi, e non il 10. Ma erano periodi in cui non si parlava ancora, o non si parlava più da molto, di storia postale: ripetere oggi quell'errore sarebbe ridicolo”.
E le collegate iniziative del 1962 o quelle che potrebbero essere organizzate ora? “Quelle di allora furono cose in parte tradizionali, come mostre e bolli speciali, unite ad altre del tutto estemporanee e persino antistoriche. Come le otto antiche diligenze fatte partire dagli estremi d'Italia per convergere a Roma: trascurando che cento anni prima si stavano da tempo rimpiazzando le diligenze con le vaporiere, almeno sulle rotte principali, e che Roma era capitale sì, ma del Pontificio. O come il concorso per gli studenti delle medie con un tema sull'argomento «centenario delle Poste», ovvero il modo ottimale per far detestare la filatelia ai giovani. Se proprio si vogliono celebrare i centocinquanta anni non di Poste italiane ma della «Legge di riforma postale», l'unica cosa sarebbe organizzare una mostra sull'argomento, ma fatta in modo storico e intelligente, come si fanno oggi le mostre. Ovvero con lo stretto necessario di materiale veramente significativo e ben esposto, e non con maree di quadri e fogli in funzione delle collezioni di rarità dei soliti vip esibite per i soliti due giorni due”.
E se sull'argomento uscisse un francobollo? “Sarebbe uno dei tanti -conclude l'esperto- ignorato dal 99,9 per cento degli italiani”.