Sassari - Ventuno uffici postali saranno chiusi. Quattro in provincia di Oristano, 5 in provincia di Cagliari, uno in provincia di Olbia-Tempio e ben 11 in quella di Sassari. Un fulmine caduto con il conseguente fragore del tuono sulla riunione convocata a Cagliari dalla direzione regionale di Poste Italiane per discutere con i sindacati della riorganizzazione dei servizi. Ma non appena i rappresentanti sindacali hanno visto il piano con la chiusura degli uffici, si sono alzati e andati via. Annunciando battaglia. Che avrà inizio dal 3 ottobre con uno sciopero.
Ventuno uffici postali più o meno piccoli che rischiano di scomparire. Cinque in provincia di Cagliari: Gesico, Gesturi, Gergei, Siddi e Turri. Uno in quella di Olbia-Tempio: Bortigiadas. Quattro nell’Oristanese: Magomadas, Siamaggiore, Palmas Arborea e Siapiccia. E ben 11 in provincia di Sassari: Anela, Bulzi, Campanedda, Cossoine, Erula, Giave, Mara, Padria, Putifigari, Tergu e Romana. Alcuni di questi, come Romana, sono uffici di una certa importanza con più di un impiegato e punti di riferimento di territori abbastanza vasti, con buona parte dell’utenza disseminata nelle campagne. Con questa decisione, presentata come riorganizzazione, le Poste cancellano uno degli elementi fondamentali del suo servizio, visto che la capillarità degli uffici sul territorio è stata sempre un punto di forza. Così verrà a mancare uno dei capisaldi dell’Italia del Dopoguerra, quando in ogni paese insieme al sindaco, al medico, al veterinario, al comandante dei carabinieri, al parroco e al maestro non poteva mancare l’impiegato postale. Ma ora di queste figure nei piccoli centri resterà soltanto il sindaco, le altre saranno cancellate dalla crisi economica.
«L’amministrazione regionale di Poste Italiane ha voluto anticipare i tagli nazionali - ha sostenuto Timoteo Baralla, segretario regionale della Cisl-Slp -. Con questi provvedimenti, presentati come riorganizzazione dei servizi, le Poste stanno creando le condizioni per la chiusura definitiva di realtà fondamentali in territori isolati, con collegamenti precari. Piccoli paesi in cui si continua a vedere l’ufficio postale come punto di riferimento per le attività quotidiane: dal ritiro della pensione, al pagamento delle bollette, al deposito dei sempre più miseri risparmi. Come si può pensare - ha insistito il sindacalista che conosce bene il problema essendo originario di Benetutti - che questi uffici possano essere sostituiti con una carta di credito? Chi l’ha pensato non conosce la Sardegna. Non riesco neppure a immaginarlo uno dei tanti pensionati dei nostri paesini davanti a uno sportello automatico che, con la sua carta Postamat, cerca di fare una qualsiasi operazione. Pazzesco». Pare che la chiusura dei 21 uffici sia stata decisa dalle Poste dopo aver consultato i sindaci che, trovandosi davanti al fatto compiuto, sono riusciti a ottenere, dopo una complicata mediazione e almeno per questo primo periodo, l’operatività per due o tre giorni alla settimana.
All’origine della chiusura c’è la totale riorganizzazione degli uffici postali della Sardegna. Gli impiegati dei piccoli uffici che saranno chiusi dovrebbero infatti andare a rimpolpare gli organici delle strutture centrali. «Proprio per questo è stato aperto un conflitto di lavoro a livello nazionale - ha continuato Timoteo Baralla che, insieme ai segretari nazionali di Cisl-Slp, UilPoste, Confsal-Com e Ugl-com, ha partecipato all’incontro a Roma durante il quale è stata annunciata la rottura delle trattative -. Non si può pensare di migliorare la qualità dei servizi, peggiorando le condizioni dei lavoratori. La situazione è critica in tutta Italia, gli organici sono insufficienti, ma Poste Italiane continua a fare utili sulle spalle degli impiegati, costretti a sobbarcarsi ore di straordinario, spese per le missioni e anche le critiche e le giuste proteste degli utenti in fila davanti agli sportelli.
In Sardegna più che altrove. Ma qui per cercare di superare questo problema si sono inventati la chiusura di 21 uffici periferici - ha insistito il sindacalista -. E senza spiegare in base a quali parametri ne sono stati individuati ben 12 nel Sassarese. E allora- ha spiegato Baralla - rispondiamo con lo sciopero. Da 3 al 30 ottobre ci asterremo da tutte le prestazioni straordinarie e da tutti quei servizi non contemplati dal contratto. Ma sempre lavorando con il massimo impegno per far capire all’amministrazione che i problemi delle Poste e i disagi all’utenza sono causati da macchinari ormai vecchi e superati che si fermano in continuazione e impiegano tempi lunghissimi per portare a termine anche la più semplice delle operazioni. Nuove tecnologie? - ha concluso il sindacalista della Cisl - Nei nostri uffici non esistono»
Ventuno uffici postali più o meno piccoli che rischiano di scomparire. Cinque in provincia di Cagliari: Gesico, Gesturi, Gergei, Siddi e Turri. Uno in quella di Olbia-Tempio: Bortigiadas. Quattro nell’Oristanese: Magomadas, Siamaggiore, Palmas Arborea e Siapiccia. E ben 11 in provincia di Sassari: Anela, Bulzi, Campanedda, Cossoine, Erula, Giave, Mara, Padria, Putifigari, Tergu e Romana. Alcuni di questi, come Romana, sono uffici di una certa importanza con più di un impiegato e punti di riferimento di territori abbastanza vasti, con buona parte dell’utenza disseminata nelle campagne. Con questa decisione, presentata come riorganizzazione, le Poste cancellano uno degli elementi fondamentali del suo servizio, visto che la capillarità degli uffici sul territorio è stata sempre un punto di forza. Così verrà a mancare uno dei capisaldi dell’Italia del Dopoguerra, quando in ogni paese insieme al sindaco, al medico, al veterinario, al comandante dei carabinieri, al parroco e al maestro non poteva mancare l’impiegato postale. Ma ora di queste figure nei piccoli centri resterà soltanto il sindaco, le altre saranno cancellate dalla crisi economica.
«L’amministrazione regionale di Poste Italiane ha voluto anticipare i tagli nazionali - ha sostenuto Timoteo Baralla, segretario regionale della Cisl-Slp -. Con questi provvedimenti, presentati come riorganizzazione dei servizi, le Poste stanno creando le condizioni per la chiusura definitiva di realtà fondamentali in territori isolati, con collegamenti precari. Piccoli paesi in cui si continua a vedere l’ufficio postale come punto di riferimento per le attività quotidiane: dal ritiro della pensione, al pagamento delle bollette, al deposito dei sempre più miseri risparmi. Come si può pensare - ha insistito il sindacalista che conosce bene il problema essendo originario di Benetutti - che questi uffici possano essere sostituiti con una carta di credito? Chi l’ha pensato non conosce la Sardegna. Non riesco neppure a immaginarlo uno dei tanti pensionati dei nostri paesini davanti a uno sportello automatico che, con la sua carta Postamat, cerca di fare una qualsiasi operazione. Pazzesco». Pare che la chiusura dei 21 uffici sia stata decisa dalle Poste dopo aver consultato i sindaci che, trovandosi davanti al fatto compiuto, sono riusciti a ottenere, dopo una complicata mediazione e almeno per questo primo periodo, l’operatività per due o tre giorni alla settimana.
All’origine della chiusura c’è la totale riorganizzazione degli uffici postali della Sardegna. Gli impiegati dei piccoli uffici che saranno chiusi dovrebbero infatti andare a rimpolpare gli organici delle strutture centrali. «Proprio per questo è stato aperto un conflitto di lavoro a livello nazionale - ha continuato Timoteo Baralla che, insieme ai segretari nazionali di Cisl-Slp, UilPoste, Confsal-Com e Ugl-com, ha partecipato all’incontro a Roma durante il quale è stata annunciata la rottura delle trattative -. Non si può pensare di migliorare la qualità dei servizi, peggiorando le condizioni dei lavoratori. La situazione è critica in tutta Italia, gli organici sono insufficienti, ma Poste Italiane continua a fare utili sulle spalle degli impiegati, costretti a sobbarcarsi ore di straordinario, spese per le missioni e anche le critiche e le giuste proteste degli utenti in fila davanti agli sportelli.
In Sardegna più che altrove. Ma qui per cercare di superare questo problema si sono inventati la chiusura di 21 uffici periferici - ha insistito il sindacalista -. E senza spiegare in base a quali parametri ne sono stati individuati ben 12 nel Sassarese. E allora- ha spiegato Baralla - rispondiamo con lo sciopero. Da 3 al 30 ottobre ci asterremo da tutte le prestazioni straordinarie e da tutti quei servizi non contemplati dal contratto. Ma sempre lavorando con il massimo impegno per far capire all’amministrazione che i problemi delle Poste e i disagi all’utenza sono causati da macchinari ormai vecchi e superati che si fermano in continuazione e impiegano tempi lunghissimi per portare a termine anche la più semplice delle operazioni. Nuove tecnologie? - ha concluso il sindacalista della Cisl - Nei nostri uffici non esistono»