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Imperia: La mappa dei tagli ai portalettere

Imperia - Ciò che si temeva è puntualmente arrivato: la scure delle Poste so è abbattuta anche sulla Riviera, “tagliando” i portalettere di tutta la provincia di una trentina di unità secche. -17% a partire dalla seconda settimana di luglio. Dagli attuali 178, divisi tra i principali comprensori costieri, si scenderà a 148.
Alle Poste la chiamano riorganizzazione ma per gli utenti potrebbe trasformarsi in qualcosa di diverso e di ben più doloroso. Le zone di recapito in cui è suddivisa la provincia sono oggi 188, entro settembre scenderanno a 158. Ma vediamo, nel dettaglio, dove e come i “tagli” delle Poste verranno calati sul territorio. Nella zona di Imperia, dagli attuali 66 portalettere si scenderà a 56. Stesso differenziale a Sanremo: da 49 a 39. Più contenuto il taglio a Ventimiglia: da 31 si passerà a 26. A Ospedaletti e Taggia, infine, i disagi per l’utenza dovrebbero essere ridotti al minimo, se non addirittura inesistenti: nel primo caso si andrà da 15 a 12, nel secondo da 17 a 15.
Tra i cittadini-utenti che aspettano di ricevere a casa tempestivamente giornali, riviste, bollette e raccomandate cresce la preoccupazione e serpeggia il malcontento. Da Poste italiane spa, attraverso il responsabile dell’area comunicazione Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Antonio Sgroi, arriva una frenata alle nascenti proteste.
«Non ci sarà una riduzione dei servizi all’utenza - assicura - tutt’altro. Tutto è dovuto alla forte contrazione dei volumi di traffico. Non restava che adeguarsi. Abbiamo ricalibrato le zone di recapito in modo da accorpare quelle più piccole e con meno lavoro ad altre pi grandi. In più, il “nuovo” portalettere svolgerà una funzione di portatore di ulteriori servizi al domicilio del cittadino, sfruttando la tecnologia (palmare e pos per l’accettazione di raccomandate e bollettini di conto corrente). Non solo. Porteremo a casa dell’utente, sempre attraverso questo nuovo servizio di “ufficio postale mobile a domicilio”, raccomandate e lettere in precedenza non recapitate per assenza del destinatario. Basta una telefonata per concordare giorno e ora della consegna».
Lo stipendio minimo mensile di un portalettere parte da 1.200 euro circa per 36 ore settimanali da lunedì a sabato.
«C’è un’emergenza lavoro, ed è sotto gli occhi di tutti - spiega Sgroi - l’azienda si è fatta carico del problema senza ricorrere a licenziamenti, cassa integrazione, mobilità e altro. L’impegno è quello di riallocare le risorse in altri settori dell’azienda. Chi è prossimo alla pensione verrà accompagnato attraverso gli strumenti previsti dalle normative in materia».
L’accordo di ridimensionamento è stato sottoscritto, sempre a livello nazionale da Cgil e Cisl, mentre la Uil non aderito. In provincia, invece, oltre alla Uil anche l’Ugl non ha voluto porre la firma sotto un documento che i sindacati reistenti giudicano «una dismissione annunciata del servizio recapito».
Il rischio, ma secondo le Poste non ci sarà, è che la contrazione sul territorio dei portalettere, possa portare a un possibile allungo dei tempi di recapito e dei tragitti chilometrici dei postini “sopravvissuti”,. in qualche modo più “sfruttati” dall’azienda. Secondo le ultime stime, il volume di recapito di lettere e raccomandate, negli ultimi anni, sarebbe drasticamente calato: -20%.
Se per le Poste all’orizzonte c’è un risparmio economico grazie alla razionalizzazione dei servizi e alla ridistribuzione della forza lavoro, per gli utenti si potrebbero profilare disagi dovuti al ritardo del recapito domiciliare della corrispondenza con conseguenti lunghe code agli sportelli per il successivo ritiro (gratuito) delle lettere non ricevute.
L’accorpamento delle zone di recapito aumenterà di fatto le distanze per le consegne, ampliando le aree che ciascun postino dovrà gestire. La conseguenza, per i postini, sarà quella di dover macinare chilometri per rifornirsi di posta, mentre aumenteranno i carichi di corrispondenza da distribuire. «I portalettere saranno messi nell’impossibilità di consegnare la corrispondenza nei termini previsti dalla legge - lamentano già le associazioni dei consumatori - si rischia il caos e a farne le spese saranno i cittadini utenti e i lavoratori».